Perchè emozioni e salute? Le emozioni e come esse vengono gestite dal soggetto che le vive, rappresentano oggi uno dei più rilevanti temi medici sebbene solo da poco oggetto di ricerche degne di questo nome. Solo recentemente infatti si è chiarito che le emozioni sono eventi fisiologici con basi neurobiologiche, vie di scarico e patterns di espressione somatica osservabili. Per esempio la rabbia, come documentato in molte ricerche con videoregistrazione e neuroimaging, viene sperimentata come una sensazione di calore che sale dall’addome al petto e scende nelle braccia con l’impulso di afferrare qualcosa e compiere un qualche atto violento.  I substrati neurobiologici delle emozioni, la loro localizzazione e funzione si stanno chiarendo grazie allo sviluppo del neuroimaging, con l’impiego della Risonanza Magnetica Funzionale e del Brain mapping ad esempio.
Le ricerche mostrano che quando le emozioni invece che essere vissute come tali vengono somatizzate, tradotte in sintomi fisici, tutto il benessere dell’individuo ne è minacciato. Questi sono pazienti che possono giungere più volte anche in Pronto Soccorso con simtomi acuti come il dolore toracico e che comunque finiscono per entrare in una revolving door di visite specialistiche differenti, anche perchè la somatizzazione può interessare ogni distretto corporeo e più di uno contemporaneamente, da quello respiratorio a quello cardiovascolare, dal gastrointestinale al muscoloscheletrico dal neurologico al dermatologico e così via. Si genera così un circolo vizioso che causa frustrazione tanto nel medico quanto nel paziente e che spesso finisce per ruotare prevalentemente attorno a dinamiche di tipo emotivo.
In uno scenario che può sembrare anche scoraggiante, in termini di opzioni terapeutiche, soddisfazione del paziente, ma anche del medico, come pure in termini di costi sanitari, ecco in questo scenario gli interventi che si focalizzano sulle emozioni e su come esse vengono o meno scaricate nel soma si sono rivelati ad oggi i più efficaci anche a lungo termine per l’assessment e il trattamento di questi casi. La ISTDP è la regina di questo genere di trattamenti e il Prof Allan Abbass è colui che maggiormente si è occupato della validazione scientifica di questa metodologia, promuovendone l’impiego ospedaliero, cambiando le politiche sanitarie canadesi e fornendo non solo classicamente agli psicoterapeuti, ma anche ai medici di specialità trasversali, una formazione specifica in questo senso.
Proprio per l’impiego della ISTDP nell’assessment di pazienti con sintomi inspegabili giunti in Pronto Soccorso il gruppo del Prof. Allan Abbass ha vinto nel 2010 il Quality Award nell’ambito dell’ Accreditation Canada Leading Practice.
I programmi di formazione di questo genere, svolti sempre con il supporto della visione di casi videoregistrati si sono dimostrati efficaci per aiutare il medico ad entrare nel distress emotivo del paziente, riconoscere le sue risposte emozionali e diagnosticare in vivo il processo di somatizzazione.
Siamo in una nuova era della medicina, ma in fondo molto vicina alla filosofia ippocratica, nella quale l’emergere di nuove informazioni scientifiche rispetto al sistema emotivo umano sta cambiando il modo di vedere la salute e la malattia.
Forse la mancanza di queste conoscenze nella medicina e nella formazione medica tradizionale è responsabile anche della scarsa considerazione che i medici stessi possono avere del fatto che anch’essi in quanto esseri umani sono suscettibili come i propri pazienti di possibili difficoltà di gestione delle emozioni e che questo può anche condurre a stati di burnout oggi inaccettabili visto quello che sappiamo.
Ci sono già molti medici che dialogano su questi temi ma sempre più emerge l’importanza della promozione dell’informazione anche tra i pazienti e tra tutti coloro che dei medici si avvalgono e devono poter scegliere a questo punto con maggior consapevolezza i percorsi della propria cura.
In definitiva e concludendo le nuove conoscenze sulla neurofisiologia delle emozioni sono al contempo una sfida e un’opportunità , come del resto la malattia per i nostri pazienti. Abbiamo dunque il dovere di apprendere questi dati, prima di tutto nel nostro interesse, per assicurarci di prenderci adeguatamente cura di noi stessi, che siamo a nostra volta strumenti di cura e abbiamo l’opportunità di trasmettere queste conoscenze ai colleghi e migliorare insieme la qualità di vita di quegli individui che il destino mette come pazienti sulla nostra strada.
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