Tommaso disse: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non ci metto dentro il dito e non tocco con la mano il suo fianco, non ci crederò.”
Otto giorni dopo, i discepoli si trovavano di nuovo lì e, questa volta, c’era anche Tommaso. Le porte erano sbarrate, ma ecco che Gesù apparve in piedi, in mezzo a loro,“Pace a voi!” Li salutò. Poi si rivolse a Tommaso e gli disse: “Metti pure il dito nelle mie mani e la tua mano nel mio fianco. Non essere più incredulo, ma credi!”
“Signore mio e Dio mio!” esclamò Tommaso. Allora Gesù gli disse: “Tu credi perché mi hai visto. Beati quelli che crederanno senza aver visto!”
E se oggi potessimo dimostrare che non si può che “credere senza avere visto”?
Metteremmo d’accordo Tommaso, che, insomma, era pur sempre un discepolo, con i Beati che hanno il dono della fede.
Ma che vuol dire che non si può che credere senza avere visto? Che le neuroscienze oggi ci conducono dritti filati allo Spirito e ad affermare che il cervello non può spiegare la Coscienza. Niente di nuovo sotto il sole, dunque, per il gaudio di quanti già la fede nell’Anima ce l’avevano.
Ma per quelli che, tanti ancora per giunta, dopo una serata a sentir parlare di illuminazione, “aldilà”, angeli e così via, uscivano per strada camminando per fatti loro e pensando “Bello, ma… Chi mi dice che è così?”, per i tanti Tommaso in giro per il mondo, le neuroscienze sono una discreta manna.
È vero che gli esperimenti neuroscientifici devono essere migliorati sotto il profilo della significatività statistica, come apparso in un recente articolo su Le Scienze, poiché spesso si basano su campioni troppo poco numerosi, ma sono pur sempre un fantastico strumento con cui mettere assieme scienza, filosofia, teologia, psicologia e persino misticismo.
Dunque è anche sensato essere scettici riguardo le affermazioni delle neuroscienze, soprattutto quando esagerano. Quando si legge, per esempio, che scanner cerebrali hanno trovato il “luogo dell’amore” tra le pieghe della materia grigia, si tratta probabilmente di un caso di neuromania, per usare un termine coniato dallo stesso neuroscienziato Raymond Tallis.
Tuttavia, le neuroscienze hanno ormai un certo peso nel dibattito pubblico. Considerate attentamente, offrono spunti riguardo a ciò che è l’essere umano. Anche se spesso quello che offrono come risultato delle ricerche, a una seconda lettura, non assomiglia così tanto a nuove intuizioni, ma a vecchie conoscenze autorevolmente riformulate in modo scientifico.
Questo è particolarmente vero quando si tratta di questioni riguardanti la spiritualità. Allora magari scopriamo che un fenomeno cruciale che strizza l’occhio al mondo dello Spirito è la lateralizzazione cerebrale: l’importanza del fatto che il cervello non è simmetrico.
Esistono cioè due emisferi, strutturalmente, fisiologicamente e psicologicamente diversi, che oltretutto vedono il mondo in due modi differenti. Roger Sperry ha vinto il premio Nobel per il suo lavoro di ricerca sulla divisione del cervello e ha definito i due emisferi come due personalità.
Il sinistro ama la precisione, vuole inquadrare, dividere. Desidera certezza e la raggiunge attraverso la costruzione di mappe di ciò che comprende della realtà, anche se in verità la mappa non è il territorio e dunque è sempre una astrazione dal mondo reale. Una comoda finzione, di cui alla fine l’emisfero sinistro si convince e qui sta il pericolo.
L’emisfero destro invece ha la capacità di fare collegamenti e di costruire comprensione. È il tipo di personalità a cui piacciono le possibilità e le novità. Scopre il mondo, è pronto all’ignoto. E proprio per questo è più in contatto con la realtà, che è in costante divenire. L’emisfero destro può vivere con ciò che non può capire.
Perché due emisferi, e non un solo cervello? Evidentemente ci servono entrambi, che ne dite? La risposta è sì, ci servono entrambi per sopravvivere. Il sinistro per controllare il mondo, il destro per mantenere un aperto, costante coinvolgimento. Se il sinistro agisce, il destro attende. Entrambi si trovano in una tensione creativa. Uniscili e ottieni la brillante capacità, per esempio, di fare un passo indietro dalla realtà, pur rimanendo parte di essa; di mantenere una distanza dalle cose senza separartene. Grazie a questi salti da destra a sinistra e viceversa, l’esperienza allora si fa profonda. Diventa tridimensionale. La non-continuità della coscienza di sé è il risultato dell’abbracciare la volontà dei due emisferi.
Ecco, dunque, una prima “scoperta” che coincide con le tradizioni spirituali, in quanto questa è esattamente il tipo di consapevolezza promossa in pratiche come la meditazione intuitiva. La presenza mentale, come è noto, coltiva la capacità di essere consapevole dei propri pensieri e sentimenti, di essere, per dirla con Eckhart Tolle, nel mondo, ma non del mondo.
Ci sono molti altri punti di contatto tra la scienza e lo spirituale. Davvero intrigante è il modo in cui i due emisferi comunicano. In realtà parlano lingue diverse, verbale il sinistro, non verbale e percettiva il destro. La comunicazione è gestita dal corpo calloso che la gestisce in una maniera molto, molto interessante. Lo fa tramite processi di inibizione, inibisce cioè l’uno o l’altro emisfero. E questa qualità inibitrice è affascinante, perché implica che l’emisfero sinistro può accettare solo quello che il destro ha da offrire, e viceversa, mediante un processo inconsapevole riguardo a ciò che assume come vero. Deve arrendersi e accettare una nuova, sconvolgente e inaspettata visione delle cose. Collegandosi al mondo spirituale, si potrebbe dire che questa maniera di comunicare è una sorta di via negativa. Citando l’Anonimo de La nube della non-conoscenza, quando scrive di come Dio possa essere colto: ciò che è noto deve essere “coperto da una nuvola di dimenticanza”. Allora Dio si coglie, là dove si accetta di non sapere… E così fanno i nostri emisferi.
Fino a ora, dall’avvento dell’era tecnologica in poi, abbiamo vissuto nella polarizzazione emisferica e nella dominanza sinistra. A livello culturale la parte sinistra ci ha, per così dire, imposto la sua visione del mondo. Questo spiega il motivo per cui si sostiene spesso che le neuroscienze dimostrino che siamo esseri puramente materiali, e che la coscienza è un delirante sottoprodotto di “carne caricata elettricamente”.
Ma probabilmente la verità è esattamente l’opposto. Una cultura innamorata delle concettualizzazioni dell’emisfero sinistro si fida delle neuroscienze, perché fanno appunto parte della scienza. Ma, e qui sta il meraviglioso potenziale sovversivo delle neuroscienze, oggi sono le stesse neuroscienze a disfarsi sottilmente della visione del mondo che le scienze organiciste avevano tanto sposato in passato. Ed ecco che spiritualità e neuroscienze si scoprono amiche, sorelle persino, in un gioco di rimandi suggestivo e divertente.
A volte succede anche che la conoscenza di come funzionano le strutture fisiche, che pur sempre fanno da base anatomica a tutto il resto, aiuti anche la trasformazione personale… Allora non avete più scampo! Dovrete per forza perdere l’abitudine di essere quelli che siete sempre stati, pensare pensando di sapere, definire, giudicare… Nemmeno la scienza ve lo permette più, perché le neuroscienze e la fisica dei quanti, dal principio di indeterminazione in poi, sanno bene che nessuno in verità ha ragione, ma ciascuno vede quel che vede, e quel che vede cambia in base alla coscienza che ha…
D’altronde si sa da tempo che si deve scegliere se avere ragione o essere felici.
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