Allan Abbass, MD, FRCPC, Facoltà di Medicina, Dalhousie University, Halifax, Nuova Scozia

Corrispondenza: Allan Abbass, MD, FRCPC, Associate Professor and Director of Education, Psychiatry,

Director Center for Emotions and Health, 8th Floor, Abbie J. Lane Memorial Building, Halifax, NS B3H 2E2, Canada.

E-mail: allan.abbass@dal.ca

(Tradotto da: The Journal of Family Practice, MARCH 2005 / VOL 54, NO 3. Traduzione a cura della dott. Erica F. Poli)


Indicazioni utili per la pratica medica:

  • Considerare che l’ansia manifesta in un paziente con disturbi somatici dovrebbe suggerire una valutazione per la presenza di somatizzazione.
  • Familiarizzare con i 4 modelli di somatizzazione e le loro manifestazioni.
    • Imparare come condurre un colloquio focalizzato sull’emozione che, quando ben condotto, sarà di grande utilità nella diagnostica differenziale della somatizzazione.

 

Un uomo di 42 anni riferisce stanchezza cronica e risulta affetto da fibromialgia; questa  sintomatologia gli ha causato l’astensione dal lavoro per un periodo di 13 mesi. La ragione che lo conduce alla visita medica ambulatoriale è un continuo dolore alle spalle. Mentre racconta la sua storia, egli sta seduto stringendo le mani  ed appare globalmente  teso.

Una donna di 38 anni affetta da disturbo da reflusso gastro-esofageo severo ed inabilitante, in associazione con sindrome del colon irritabile e depressione, è stata inabile al lavoro per due anni. Al momento del colloquio la sua postura appare rilassata e non mostra segni di ansia.

Questi due pazienti molto diversi  (i cui casi verranno analizzati in dettaglio) condividono un comune problema: la somatizzazione, lo spostamento delle emozioni in problemi fisici o disturbi somatici . E’ ben documentato (sebbene ancora largamente non riconosciuto nella pratica) che la somatizzazione è all’origine di una vasta percentuale di visite tanto nello studio del medico generale quanto in quello dello specialista1,2, conducendo a  iter diagnostici non necessari, trattamenti ed ospedalizzazioni, nonché a disabilità, problemi finanziari3  e probabilmente ad una mortalità precoce4, così come ad una sicura frustrazione per i pazienti e i medici5.

 

Una diagnosi di esclusione, ma non ancora per molto

Nonostante il peso che i fenomeni di somatizzazione rivestono nel panorama della medicina, si giunge alla diagnosi spesso per vie indirette, utilizzando le cosiddette check list, o semplicemente sulla base di congetture ed ipotesi o  per esclusione, qualora  altre problematiche vengano scartate6. La posizione più diffusa, anche in studi e revisioni recenti, è quella di trattare la somatizzazione ricorrendo a strategie non specifiche, come ad esempio l’effettuazione di  visite frequenti e ripetute presso il medico al fine di incrementare l’abilità del paziente e del medico stesso nella gestione di quello che viene spesso visto come un disturbo cronico ed incurabile7-11. Una simile posizione non può più essere accettata.Infatti , con il supporto  di ricerche recenti sia quantitative che basate sulla raccolta estesa di numerosi case-reports, le terapie brevi specificatamente focalizzate sull’emozione e i trattamenti condotti tramite videoregistrazione, hanno ormai chiarito in che modo le emozioni vengono sperimentate nel corpo e come avviene la somatizzazione delle emozioni (vedi La fisiologia delle emozioni). Questi metodi, inclusa la psicoterapia breve dinamica (stdp) sono stati usati per diagnosticare e trattare la somatizzazione fin dal 1980. La somatizzazione, dati gli elevati rischi di morbidità e cronicità, richiede una diagnosi che non può più essere effettuata ancora con il metodo dell’esclusione né trattata in modo per così dire palliativo senza una specifica possibilità di valutazione diagnostica specifica.


Riquadro 1

LA FILOSOFIA DELLE EMOZIONI

Per diagnosticare e trattare la somatizzazione dobbiamo conoscere in che modo le emozioni  vengono sperimentate nel corpo.  Davanloo scoprì, attraverso lo studio di centinaia di casi videoregistrati,  che emozioni specifiche si manifestano in modi specifici indipendentemente da sesso, età o razza22. Questa fisiologia delle emozioni costituisce un modello in base al quale valutare un paziente che somatizza le emozioni. Per esempio, la rabbia viene sperimentata a livello somatico come un’interna sensazione di energia, un calore o un “vulcano” che sorge dalla parte più bassa dell’addome e sale al petto, al collo e finalmente alle mani con l’impulso di “afferrare” e compiere una qualche forma di violenza.  Il senso di colpa legato alla rabbia viene sperimentato come un senso di costrizione nella parte superiore del petto o anche come vero e proprio dolore, intense sensazioni dolorose e ondate di lacrime, con pensieri di rimorso relativi alla rabbia provata23.  Quando le sensazioni vengono sperimentate a livello conscio, di norma esse non vengono in quel momento somatizzate.

Perché avviene la somatizzazione

Quando le sensazioni sono intense, spaventano o sono conflittuali, esse creano ansia e conseguentemente meccanismi di difesa per gestire l’ansia (Figura). Se queste sensazioni sono inconsce per il paziente, l’ansia che ne consegue e le difese possono anch’esse al di fuori della consapevolezza.  Meccanismi come questi si ritrovano comunemente in persone che hanno subito traumi all’interno di relazioni intime:  i sentimenti di rabbia rivolti verso una persona amata risultano dal punto di vista psichico inaccettabili, generano paura e vengono evitati attraverso la somatizzazione ed altre difese24. Varie ricerche hanno trovato che i pazienti con ipertensione, emicrania, sindrome da colon irritabile ed altre condizioni, interiorizzavano la rabbia e così incrementavano i loro problemi somatici25-27. Il bloccare ed inibire le emozioni, compresa la rabbia, è un meccanismo che si ritrova comunemente nei pazienti che somatizzano.